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Ecopsicologia, Ecologia Profonda e alfabetizzazione ecologica
Il "sé ecologico" è il frutto di un processo di maturazione naturale. Con una dose sufficiente di maturità noi possiamo evolvere non solo dal nostro ego a un sé sociale, ma anche a un sé metafisico e anche a uno ecologico.
L'inizio di questo 21° secolo, ci vede alle prese con sfide molto impegnative. Non possiamo più permetterci il lusso di occuparci di discipline intellettuali e di formazione professionale senza più prendere in considerazione anche la realtà ambientale e sociale in cui ci troviamo. Dobbiamo indirizzare la nostra economia e il nostro stile di vita verso una società di tipo sostenibile. E, per farlo, abbiamo bisogno di persone "ecoalfabetizzate", consapevoli dell'interconnessione che ci lega a tutti gli esseri viventi e con la volontà di tradurre in pratica questa consapevolezza. E' necessario che tutta l'educazione includa educazione ecologica, e che tutta la psicologia includa ecopsicologia.

Quella che chiamo "alfabetizzazione ecologica" potrebbe anche essere chiamata "ecosaggezza", da tanto è vasto l'insieme di conoscenze, conoscenze, atteggiamenti ed esperienze che vanno incluse; è tutto ciò che abbiamo bisogno di imparare in tutte le diverse dimensioni della vita umana: intellettuale, psicologica, somatica, sociale e spirituale. Queste, le capacità che considero parte dell'"alfabetizzazione ecologica":

• consapevolezza della nostra interconnessione con ogni aspetto della vita
• senso di gratitudine e meraviglia nei confronti del mondo
• forte senso di connessione fisica e spirituale con la terra e con i luoghi
• ampliamento dell'identificazione personale dall'io individuale al "sé ecologico" (concetto dell'"Ecologia Profonda" del filosofo norvegese Arne Naess, n.d.r.)
• comprensione dei concetti base dell'ecologia e del pensiero sistemico e percezione delle relazioni tra esseri umani e altri esseri viventi in questa chiave
• comprensione della grande crisi sociale e ambientale che stiamo affrontando e delle reciproche interazioni
• disponibilità a sperimentare sia il dolore che la gioia del mondo
• valori vissuti in prima persona di rispetto della diversità culturale, uguaglianza, giustizia e senso di compartecipazione
• esame critico dei prevalenti, paradigmi dogmi e istituzioni
• impegno per la trasformazione sociale e per una forma di governo non gerarchizzata
• conservazione di risorse e di energia: riciclaggio, riutilizzo, condivisione
• considerazione delle implicazioni sociali e ambientali di ogni scelta di consumo
• attenzione alla natura selvaggia come fonte di rinnovamento e di guida.

La psicologia occidentale ha ignorato completamente la nostra relazione col mondo naturale: nella definizione di salute mentale non si parla di connessione con le fonti di vita e, tra le patologie, la distruzione di queste fonti non è elencata. La psicologia non ha ancora saputo rispondere alla ricorrente domanda di Paul Shepard (filosofo statunitense e promotore dell'Ecologia Profonda, n.d.r.): "Perché questa società persiste nel distruggere il suo ambiente?".

La nuova disciplina dell'ecopsicologia sorge per superare questi limiti e studia la psiche umana inserendola all'interno del sistema più vasto di cui fa parte. Esplora come l'alienazione dalla natura genera non soltanto mancanza di attenzione e distruttività nei confronti dell'ambiente, ma anche molti problemi di ampia diffusione, come la depressione e la dipendenza.

Psicoterapeuti all'interno del movimento ecopsicologico riconoscono quanto la loro professione sia sinora rimasta chiusa a un più largo contesto della vita dei pazienti e abbia patologizzato il dolore che questi sentono per il pianeta. Questi pionieri pongono nuove basi di lavoro il momento in cui aiutano i loro clienti a trovare forza e significato sperimentando in prima persona l'interconnessione con ogni forma di vita e attivandosi in sua difesa.

«L'ecopsicologia invita la pratica psicoterapica a espandere la sua attenzione oltre al paesaggio interiore per esplorare e promuovere lo sviluppo della comunità, il contatto con la terra e con i luoghi, l'identità ecologica... Ci invita a sentire la terra che parla che parla attraverso il nostro dolore e disagio e ad ascoltare noi stessi come se stessi ascoltando un messaggio dall'universo».
Sara Conn

La nostra interdipendenza con tutta la vita della Terra ha profonde implicazioni sul nostro modo di essere e di fare. Per chiarire la profondità di questa relazione e liberarci da comportamenti basati su un'ormai inattuale concetto di separazione dalla natura, è sorta negli anni '70 il movimento – e la filosofia - dell'Ecologia Profonda, creato dal norvegese Arne Naess, filosofo, alpinista e discepolo di Gandhi.
In contrasto con l'ambientalismo riformista, che cerca di curare i sintomi del degrado ecologico – disinquinando fiumi o bonificando qua e là per il benessere umano – l'ecologia profonda mette in discussione le premesse stesse della società industriale. Lancia una sfida agli assiomi, intrisi di mentalità giudeo-cristiana e di pensiero marxista, che gli esseri umani siano il coronamento della creazione e abbiano un valore più alto degli altri. L'ecologia profonda offre un senso più vasto ed ecosostenibile del nostro stesso valore, come membri effettivi della grande comunità in evoluzione del pianeta Terra. Sostiene che dobbiamo liberarci di questa arroganza insita nella nostra specie, che mette a repentaglio non solo la nostra sopravvivenza, ma quella di tutte le specie esistenti. Ci invita a riconoscere che non possiamo sperimentare appieno la nostra interconnessione con la vita fino a quando non riconosciamo quanto questo antropocentrismo impregna tutta la nostra cultura e consapevolezza.

John Seed, ecoattivista in difesa della foresta pluviale australiana, chiarisce come il superamento di questo antropocentrismo è ben più di un processo intellettuale:
«"Sto proteggendo la foresta" diventa "Io sono parte della foresta proteggendo me stessa. Io sono quella parte della foresta che ha, da poco, iniziato a pensare". Che sollievo allora! Svaniscono migliaia di anni di immaginata separazione e ricominciamo a ricontattare la nostra vera natura. Questo è il cambiamento, e si tratta di un cambiamento spirituale, a cui ci si riferisce come ecologia profonda».
Seed, Macy, Naess, Fleming. 1988

Arne Naess ha un termine per definire questo senso di identità più vasta descritta da John Seed. Lo chiama "sé ecologico" e ne parla come il frutto di un processo di maturazione naturale. Ci sottostimiamo – afferma – quando ci identifichiamo con il nostro piccolo e competitivo ego. Con una dose sufficiente di maturità noi possiamo evolvere non solo dal nostro ego a un sé sociale, ma anche a un sé metafisico e anche a uno ecologico. Allargando in cerchi progressivamente più grandi la nostra identificazione, ampliamo enormemente i nostri ambiti di interesse e coinvolgimento e arricchiamo la nostra vita di gioia e di significato.
Un aspetto significativo e benvenuto di questa concezione è che trascende il bisogno di predicare sulla responsabilità morale che abbiamo nei confronti degli altri esseri.
Fino a quando ci consideriamo di fatto separati dagli altri predichiamo, in contrapposizione all'egoismo, l'altruismo; ma questo, dal punto di vista dell'ecologia profonda e di altri insegnamenti non dualistici, non solo non è corretto filosoficamente è anche inefficace.

«Ciò che l'essere umano è capace di amare soltanto per dovere o esortazione morale è, sfortunatamente, molto limitato... L'uso intensivo di messaggi moralistici nell'ambito delle campagne ambientaliste ha dato alla gente la falsa impressione che le sia richiesto di sacrificarsi, di dimostrarsi più coinvolta, più responsabile, più etica... ma le qualità richieste per la cura ambientale emergono spontaneamente, una volta che la consapevolezza individuale si allarga al punto di sentire la protezione della natura come la protezione della propria identità più autentica» (Seed, Macy, Naess, Fleming, 1988).


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